Il destino delle fistole anastomotiche nell’era della chirurgia colorettale laparoscopica

Tania Contardo, Andrea Cimitan, Emilio Morpurgo

Dipartimento di Chirurgia Generale, Ospedale di Camposampiero, Padova, Italia

Centro Regionale di riferimento per la Chirurgia Laparoscopica e Robotica

Introduzione: Le fistole anastomotiche rimangono una delle complicanze più discusse e più temute della chirurgia colo-rettale. L’argomento richiama ancora molto interesse visto l’alta percentuale di morbilità e mortalità conseguenti alla fistola anastomotica. Molti fattori vengono chiamati in causa nello sviluppo di una deiscenza anastomotica, alcuni direttamente correlati al paziente ed altri legati a fattori anatomo-chirurgici. Numerose ed eterogenee sono le definizioni di fistola presenti in letteratura. Le opzioni terapeutiche a disposizione sono diverse ma nessuna ha dimostrato di essere più adeguata rispetto alle altre. L’approccio mininvasivo nel trattamento delle deiscenze anastomotiche dopo resezioni coliche per cancro del colon-retto risulta infatti  ancora controverso.

Lo scopo di questo studio è di analizzare la storia naturale ed il destino della fistola anastomotica e di dimostrare il ruolo della laparoscopia nel suo trattamento.

Materiali e metodi: sono stati presi in esame tutti i pazienti operati con tecnica laparoscopica per cancro del colon-retto che hanno sviluppato una fistola anastomotica dal gennaio 2004 a dicembre 2012 presso il nostro Dipartimento Chirurgico, Centro di Riferimento Regionale per la Chirurgia Laparoscopica e Robotica, dell’Ospedale di Camposampiero. Nel nostro studio la fistola è stata definita come il riscontro di materiale enterico, fecale o purulento nei drenaggi perianastomotici. Tutte le deiscenze anastomotiche sono state confermate mediante esecuzione di Rx colografin e/o TAC e nei pazienti rioperati è stata spesso utilizzata anche la colonscopia intraoperatorioa per meglio visualizzare e/o valutare la sede e l’entità della deiscenza.  Nel totale di 576 pazienti trattati con approccio laparoscopico 46 (7.9%) hanno sviluppato una deiscenza anastomotica. Di questi, 10 pazienti con una fistola a bassa portata e senza segni di compromissione sistemica (7 con una stomia di protezione confezionata durante l’intervento) sono stati trattati conservativamente mediante antibiotico terapia e mantenimento dei drenaggi e quindi sono stati esclusi dallo studio. In un paziente è stata diagnosticata una fistola anastomotica in 20° giornata p.o. in corso di reintervento per occlusione da ernia interna; questo paziente è stato escluso in quanto lo sviluppo della deiscenza era secondario alla trazione esercitata sull’anastomosi dalla distensiuone intestinale. Tutte le stomie di protezione di questi pazienti sono  state chiuse a distanza variabile.

I rimanenti 35 pazienti  con una deiscenza anastomotica che ha richiesto un reintervento sono oggetto del nostro lavoro e sono stati studiati retrospettivamente attraverso i dati raccolti nel nostro database.

I parametri considerati sono stati l’eta, il sesso, BMI, l’ASA score, la sintomatologia di presentazione, la tipologia di intervento chirurgico, il decorso postoperatorio, la morbilità dopo la comparsa della fistola, la degenza postoperatoria e la mortalità.

Risultati: 35 pazienti di 576 pazienti (24 maschi e 11 femmine) operati con tecnica laparoscopica per k colo-rettale hanno sviluppato una deiscenza anastomotica che ha richiesto un trattamento chirurgico. L’età media è 65 anni (range 49-81), BMI 25 (range 19-39.8), ASA score è 1 per 5 pazienti, 2 per 25 pazienti, 3 per 4 pazienti , 4 per 1 paziente. Il tempo medio di diagnosi  di fistola anastomotica dall’intervento  è di 5.5 giorni (range 2-11); l’intervallo medio di reintervento dopo la diagnosi di fistola è di 1,9 giorni (range 0-22). Nel totale dei 35 pazienti  21  (60%) sono stati trattati con tecninca minivasiva: in 17 casi sono state confezionate 13 colostomie e 4 ileostomie, in 4 casi sono state eseguite delle resezioni coliche secondo Hartmann.  6 pazienti (17.15 %) sono stati sottoposti a laparoscopia esplorativa con successiva conversione laparotomica dovuta ad una severa distensione intestinale ( 2 pazienti), a tenaci aderenze (2 pazienti), ad un quadro di peritonite diffusa fecale (1 paziente) e a riconfezionamento di un’anastomosi ileocolica manuale (1 paziente). In questi pazienti sono state eseguite 1 resezione colica secondo Hartmannn, 1completamento di proctectomia , 1 sutura diretta della fistola, 3 demolizioni di anastomosi (1 riconfezionamento di anastomosi ileosigma con ileostomia temporanea, 1 re-anastomosi ileocolica, 1 ileostomia terminale).  Infine  i rimanenti  8 pazienti (22.85%) sono stati trattati con tecnica chirurgica tradizionale.: 2 laparotomie esplorative  con successiva colostomia, 4 resezioni coliche secondo Hartmann, 1 proctectomia , 1 resezione ileocolica con ileostomia terminale e fistola mucosa colica.

L’ anastomosi è stata demolita in 15 pazienti (43 %) , di cui 9 in corso di resezioni secondo Hartmann ( 4 laparoscopiche e 5 open). L’ approccio minvasivo è stato eseguito nei 26.6% dei  casi. La morbidità è stata di 57.1 %, la degenza media postoperatoria è di 29 giorni e la mortalità perioperativa  è di 5.7 % (2/35) con un ulteriore paziente deceduto a distanza di 17 mesi per progressione di malattia. La percentuale di pazienti viventi con  stomia  permanente sul totale dei 35 inclusi nello studio è del 8.5%. I 3 pazienti deceduti non hanno ovviamente chiuso lo stoma. Anche nei 2 pazienti nei quali è stata completata la proctectomia con confezionamento di colostomia terminale non è stato ovviamente possibile eseguire la ricanalizzazione. Un paziente come descritto è stato sottoposto ad  un  riconfezionamento di anastomosi senza stomia di protezione. Pertanto degli iniziali 35 pazienti dello studio solo 29 potevano essere sottoposti potenzialmente a chiusura del loro stoma; solo in uno di questi pazienti ( 3.4 %) la stomia non è stata chiusa e tale scelta è dovuta alla presenza di severe comorbilità che controindicavano ulteriori interventi. Infine il tempo medio di chiusura della stomia dopo il confezionamento è stato 189 giorni (range7-413).

Conclusioni: Le fistole anastomotiche rimangono a tutt’oggi un’importante complicanza della chirurgia resettiva mininvasiva colorettale. La laparoscopia è un approccio possibile per il trattamento chirurgico delle fistole anastomotiche nella maggioranza dei casi preservando  anche la parete addominale da severe contaminazioni. Nel 26.6 % di fistole di maggiore entità che richiedono la demolizione dell’anastomosi l’intervento può essere condotto con tecniche mininvasive. Una stomia permanente si verifica in una minima percentuale dei casi.

Nuove prospettive nel trattamento chirurgico dell’incontinenza sfinteriale anale: uno studio sperimentale

 

  1. Corona, G. Ghezzi, E. Baldiotti, G.G. Delaini

Unità operativa di Chirurgia Coloproctologica – Chirurgia Generale A – Ospedale Policlinico – Verona

L’incontinenza sfinteriale anale è un problema che affligge una percentuale considerevole della popolazione generale e, anche se la sua reale incidenza è misconosciuta, si presume che nel nostro Paese vari tra il 2 e il 20% nell’età adulta avanzata, con netta prevalenza del sesso femminile.

Essa può derivare da cause molteplici: chirurgia coloproctologica, ginecologica, complicanze ostetriche, malattie neurodegenerative, defaillances muscolari del pavimento pelvico. Si associa frequentemente a disturbi uroginecologici che peggiorano il quadro clinico nelle pazienti affette da incontinenza fecale.

Il problema è sottostimato e poco conosciuto, soprattutto per i risvolti sociali e di vita di relazione che implica.

A tutt’oggi sono state proposte e sperimentate numerose tecniche fisioterapiche e chirurgiche; nessuna di queste ha dato tuttavia risultati duraturi e risolutivi nel tempo.

Una delle procedure più utilizzate nella pratica proctologica consiste oggi nell’iniezione di sostanze formanti massa che conferiscono una continenza parziale: anche in questo caso però i risultati nel tempo sono incerti e temporanei.

Recentemente è stata proposta una nuova tecnica per il trattamento dell’incontinenza sfinteriale anale: l’inoculazione perisfinteriale di tessuto adiposo autologo sottoposto a micronizzazione tramite un dispositivo dedicato, chiamato Lipogems.

I pazienti vengono precedentemente sottoposti ad una accurata anamnesi per valutare il tipo e il grado di incontinenza, ad ecografia transanale, manometria anorettale, risonanza magnetica della pelvi, esame obiettivo e valutazione standardizzata dell’incontinenza tramite Wexner Score.

Il prelievo di tessuto adiposo con cannula smussa è effettuato dalla regione addominale o peritrocanterica; questo viene quindi processato con Lipogems, che porta a microfratturazione, lavaggio e purificazione da componenti oleose ed interstiziali, e viene, infine, iniettato sotto guida ecografica a livello della lesione sfinteriale, laddove questa sia presente ed evidente, o nei vari quadranti nello spazio inter ed extrasfinterico.

I pazienti vengono quindi sottoposti a stretto follow-up tramite ecografia transanale e visita proctologica a 1, 2 e 6 mesi.

La nostra casistica riguarda attualmente 5 pazienti, 4 donne (di cui 3 presentavano gravi lesioni iatrogene e una affetta da incontinenza dopo 2 parti eutocici) e 1 uomo (con lesione iatrogena sfinteriale), trattati tra il 2013 e il 2014 con la tecnica Lipogems.

I primi due casi, dopo 9 mesi dall’intervento, hanno riportato un notevole miglioramento nella sintomatologia con riacquisizione della continenza alle feci in entrambi i casi.

Gli ulteriori 3 pazienti sottoposti a questa procedura, dopo 3 mesi di follow-up, hanno riportato un iniziale e parziale recupero della continenza alle feci solide già dalle prime settimane post-operatorie, e saranno sottoposti ad ecografia trans anale per valutare gli eventuali ed ulteriori miglioramenti.

Local excision after complete clinical response or minimal residual tumor following neoadjuvant therapy for rectal cancer

 

  1. Rega, D. Scala, U. Pace, F. Ruffolo, C. Sassaroli, P. Delrio

 

Divisione di Oncologia Chirurgica Colorettale

Istituto Nazionale per lo Studio e la Cura dei Tumori

“Fondazione Giovanni Pascale”  IRCCS-NAPOLI

Background

Multimodal treatment of rectal cancer, by combination of radiation therapy, chemotherapy and radical surgery including total mesorectal excision, has become the standard approach in patients with locally advanced rectal cancer. The use of neoadjuvant therapy results in additional benefits such as significant tumor downsizing and downstaging and a better chance of sphincter preservation in selected case. Complete rectal wall tumor regression or minimal residual lesion may be associated with the absence of viable cancer cells in the mesorectum, suggesting the possibility of a less invasive surgical treatment as an alternative to radical surgery. We report the outcome of local excision in patients with a complete or almost complete clinical response after neoadjuvant therapy.

Methods

Between february 2009 and june 2014, 18 patients with locally advanced rectal cancer, treated with neoadjuvant therapy and showing a clinical complete or almost complete response, underwent a local excision procedure. The group included 13 men and 5 women with a mean age of 69 years (range 49-84 years). The mean tumor distance from the anal verge was 4 cm. Five patients underwent transanal excision, 1 was treated with transanal endoscopic microsurgery (TEM) and 12 underwent a transanal minimally invasive surgery (TAMIS) by a single port.

Results

All patients were discharged on POD 1/2. No surgical complication occurred. Four out of 18 patients, due to poor response (pT > 1 and TRG > 2), underwent early salvage surgery with radical rectal resection. Among patients receiving local excision only, distant metastasis occurred in one, 10 months after surgery. No local or distant recurrences occurred in the remaining 13 patients.  The median follow-up is 28 months (range  2 – 44 months).

Conclusions

Our data show that local excision, in selected patients, offers results comparable to total mesorectal excision (TME). Although radical rectal resection remains the treatment of choice, local excision, in case of complete or almost complete clinical response to neoadjuvant treatments, could be considered an effective and safe option. Larger series with long lasting follow up could confirm the efficacy of this approach.

Chirurgia oncologica laparoscopica del retto extraperitoneale: le resezioni intersfinteriche con anastomosi colo-anale

  1. Murmura, G. Capriata, M. Zanardo, F. Rossi, A. Putortì, A. Vannelli

Riassunto: Grazie agli studi di Quircke e Heald l’approccio chirurgico alla patologia neoplastica del retto ha subito un importante cambiamento, aprendo la strada alla chirurgica conservativa: dalla regola dei 5 cm degli anni 80 si è arrivati al limite dei 2 cm di margine di resezione distale. Nel 1994 infine Schiessel ha pubblicato i primi risultati sugli interventi di chirurgia conservativa con ampliamento dell’indicazione di chirurgia conservativa con conservazione del solo anello sfinterico esterno. Negli ultimi anni lo studio sulla modalità di diffusione della malattia in tal sede e sulle sue caratteristiche biologiche ha consentito l’acquisizione di nuovi concetti di radicalità oncologica rivoluzionando quelle che erano le precedenti regole in materia  e permettendo di estendere l’indicazione ad interventi di tipo conservativo con  conseguente possibilità di salvaguardare la funzione sfinteriale, minzionale e sessuale del paziente. Con questo lavoro vogliamo presentare la nostra casistica personale relativa a  9 pazienti sottoposti ad intervento chirurgico di resezione anteriore del retto laparoscopica con confezionamento di anastomosi coloanale intersfinterica in un periodo compreso tra la fine del 2011 ed i primi mesi del 2014 riportandone di seguito i risultati

Introduzione: Negli ultimi anni la chirurgia del retto extraperitoneale ha subito una rapida evoluzione. In particolare l’atteggiamento maggiormente conservativo riservato a questo tipo di patologia deriva dall’osservazione che una distanza di meno di 1 cm dal margine di resezione distale del tumore è considerata sicura perché le metastasi distali intramurali raramente superano i 10 mm. Una maggior possibilità di metastatizzazione è peraltro correlata ad uno stadio più avanzato di malattia. La principale conseguenza di questo riscontro è stata la possibilità di  estendere le indicazioni chirurgiche ad  interventi con tecnica conservativa e con il risparmio dello sfintere anale (Sphynteric Saving Procedures SSP) ad un maggior numero di pazienti. In aggiunta, l’avvento della chirurgia laparoscopica ha contribuito a ridurre lo morbilità e morbidità legate all’approccio addominale tradizionale.

Materiali e metodi:  Tra la fine del 2011 ed i primi mesi del 2014, presso l’Unità di chirurgia Generale dell’Ospedale Valduce di Como abbiamo sottoposto ad intervento chirurgico 15 pazienti affetti da neoplasia del retto extraperitoneale. Tutti i pazienti sono stati sottoposti ad uno studio preoperatorio che comprendeva l’esecuzione di una TC toraco-addominale, una RMN pelvica,ed una eco endoscopia trans-rettale. L’esame bioptico della neoplasia era risultato positivo per adenocarcinoma in 14 casi; in un caso era risultato positivo per GIST.  In fase preoperatoria, inoltre, i pazienti venivano sottoposti ad anoscopia per rivalutazione e a manometria ano-rettale. I pazienti selezionati erano di età compresa tra i 46 ed i 74 anni Per i pazienti maschi di giovane età veniva proposta la possibilità della conservazione del seme nell’ottica di un’eventuale danno iatrogeno permanente.

Di questi 15 casi, 9 pazienti, che saranno i casi oggetto della nostra trattazione, sono stati operati con tecnica laparoscopica. In 8 casi i pazienti sono stati sottoposti a radio- chemioterapia preoperatoria.

Risultati: Tutti  i 9 pazienti sono stati sottoposti a resezione anteriore del retto con accesso laparoscopico con confezionamento di anastomosi colo-anale intersfinterica. In 8 casi, contestualmente all’intervento, è stata confezionata una ileostomia di protezione. In un unico caso non è stata confezionata alcuna stomia di protezione. La durata media dell’intervento è stata di 240 minuti. In tutti i 9 casi non sono occorse complicanze intraoperatorie. Durante la degenza ospedaliera due pazienti hanno necessitato di trasfusioni di emazie concentrate per comparsa di anemizzazione insorta peraltro su pazienti già affetti da anemia subclinica post chemioterapica. In media, il successivo intervento di chiusura di ileostomia è stato eseguito tra i 3 ed i 6 mesi di distanza dall’intervento principale; successivamente tutti i pazienti sono stati sottoposti ad una ginnastica riabilitativa del pavimento pelvico. Tutti i pazienti hanno lamentato una sindrome da alvo alterno postoperatoria che si è risolta spontaneamente nella totalità dei casi in un periodo tra i 4 ed i 12 mesi dall’intervento. Un caso è stato complicato da fistola anastomotica risoltasi con terapia conservativa senza necessità di revisione chirurgica, complicanza che peraltro non ha contribuito a posticipare i tempi d’attesa per la chiusura dell’ileostomia. I risultati funzionali sono stati confortanti. Nessun paziente ha lamentato a lungo termine incontinenza a feci solide e/o liquide  né ai gas; registriamo due casi di disfunzione sessuale risoltisi rispettivamente in 3 mesi ed un anno e mezzo circa. Gli altri pazienti hanno mantenuto preservata la funzione minzionale e sessuale. In un caso è stata osservata ripresa di malattia in sede otturatoria sinistra a circa un anno e mezzo dall’intervento. Non abbiamo osservato casi di stenosi anastomotiche

Conclusioni: In termini di radicalità oncologica, nonostante un periodo di follow up ancora inadeguato, i nostri dati risultano sovrapponibili con quelli riportati in Letteratura. Sicuramente il trattamento neoadiuvante contribuisce in maniera significativa ad estendere le indicazione ad un approccio chirurgico conservativo riducendo peraltro il tasso di recidiva locale. Da un punto di vista funzionale, i risultati sono stati incoraggianti in quanto non abbiamo riscontrato disturbi della funzione minzionale e sessuale a lungo termine e non abbiamo inoltre registrato casi di incontinenza ai solidi e/o ai gas. Il confezionamento di un’anastomosi colo-anale intersfinterica associata, nei casi che abbiamo descritti, ad un tempo addominale con accesso laparoscopico richiedono un’adeguata conoscenza dell’anatomia colo-rettale ed un elevato livello di dimestichezza con la tecnica laparoscopica avanzata suggerendo l’importanza di eseguire tale procedura dopo un’adeguata curva di apprendimento.

Chirurgia minimal-invasiva Hand-asssisted nella Poliposi Adenomatosa Familiare: nostra esperienza

 

  1. Baldiotti, G.M. Ghezzi, D. Corona, G.G. Delaini

 

Abstract

 

La Poliposi Adenomatosa Familiare (FAP) è una malattia ereditaria autosomica dominante, ad elevata penetranza, dovuta alla mutazione del gene APC, caratterizzata dalla comparsa, di solito nella seconda decade, di centinaia o migliaia di adenomi distribuiti nel retto e nel colon. Se non trattata la FAP progredisce inevitabilmente verso lo sviluppo di uno o più carcinomi colorettali nella terza o quarta decade di vita; evento che può essere prevenuto attraverso un’ attenta sorveglianza endoscopica ed un tempestivo intervento chirurgico.

La FAP rappresenta una condizione precancerosa “obbligata”, pertanto è consigliata la chirurgia profilattica tra la fine della seconda decade e l’inizio della terza. Le tecniche chirurgiche raccomandate sono: la colectomia con anastomosi ileorettale (IRA) e la proctocolectomia con anastomosi ileoanale e pouch (reservoir) ileale (IPAA).

L’ approccio terapeutico particolarmente complesso ed impegnativo deve considerare sia il trattamento dell’adenomatosi sia la qualità di vita del paziente. Nel planning terapeutico vanno considerati: la severità dei polipi (numero degli adenomi e grado della displasia), il tipo di mutazione genetica, il rischio di sviluppare desmoidi, ma anche l’età e le volontà del paziente.

L’IPAA offre le maggiori garanzie oncologiche,  ma maggior rischio di complicanze e di risultati funzionali non del tutto soddisfacienti. D’altro canto l’IRA espone nel tempo al rischio di cancro del moncone rettale, rischio che può esser contenuto da un’ attenta valutazione della genetica e del fenotipo del paziente.

La proctocolectomia restaurativa rappresenta il Gold standard e l’ esecuzione di tale procedura può essere effettuata mediante tecnica open o con chirurgia mini-invasiva laparoscopica (standard o hand-assisted (HALS)), che si è imposta negli ultimi anni per una serie di vantaggi post-chirurgici, minori complicanze,  preservazione cosmetica e funzionale della parete addominale e miglioramento della fertilità femminile.

La tecnica laparoscopica hand-assisted (specie in una popolazione giovanile come quella della FAP) combina i benefici della laparoscopia, quali la minor invasività e il miglior confort postoperatorio, al recupero della sensibilità tattile dell’operatore.

L’approccio hand-assisted agevola la mobilizzazione del colon trasverso e flessura, la trazione sui visceri e sui mesi, ed eventuali manovre emostatiche.

Pur non essendoci ancora uniforme consenso in letteratura su quale approcio laparoscopico sia più vantaggioso, dalle poche esperienze di confronto la HALS ottiene gli stessi risultati a breve e lungo termine della tecnica laparoscopica standard, con il vantaggio di tempi operatori statistificamente inferiori e di semplificazione della procedura (dimostrato da una learning curve più breve).

Nella nostra casistica tra 21 pazienti affetti da FAP, 5 sono stati sottoposti a IRA e 16 a IPAA (7 femmine e 8 maschi  di età media 26.7 anni). Tra i casi di proctocolectomia restaurativa, 4 sono stati trattati mediante approccio laparoscopico standard e 2 mediante HALS.

La nostra esperienza mostra la fattibilità di questa tecnica che, a nostro avviso, semplifica la procedura puramente laparoscopica.

Si riporta di seguito la nostra esperienza sulla laparoscopia hand-assisted e in particolare si evidenziano alcuni punti salienti di tale tecnica.

Permacol Paste for fistula in ano: the micronized acellular porcine dermal collagen sphincter saving solution.

Authors:

Giani I, Fabiani B, Menconi C, Toniolo G, Martellucci J, Naldini G.

  1. SD Chirurgia Proctologica e Perineale, AOUP Cisanello (Pisa)
  2. Chirurgia Generale e di Urgenza e Mininvasiva, AOUC Firenze

Introduction

Sphincter saving treatments for anal fistula have shown a great range of success rate in literature production but with a mean success rate around 50-60%.

Permacol Paste is a new option for fistula in ano, aim of this study is to present author’s experience with this biological device.

Materials and methods

All patients received by our surgical unit are included in a prospective mantained database.

Those affected by transphincteric fistula tract after a first surgical fistulectomy and loose seton positioning for 2 months, are inlcuded in the study. Inclusion criteria were age >18 years old, cryptoglandular fistula, and single tract fistula confirmed by EUS.

Permacol Paste is injected in the fistula lumen with the patient under spinal or general anesthesia and antibiotic profilaxis. The internal opening is closed with a double layer suture: the first aimed to close the muscolar layer and the second to close the mucosal layer; the external opening is closed with 2 simple absorbable stitches. Follow up was schedule at 1 week, 1, 3, 6 months with the main goal of evaluating the comparison of clinical recurrence and the healing time, then secondarily the occurrence of complications such as pain and bleeding.

Results

In the period between May 2013 and May 2014, 13 patients (6 female) were treated.

The overall number of recurrence patients was 3. No peri or post operative complications occurred, only 2 patients complained minor post operative pain.

At 3 months follow up (13/13) one patient complained fistula recurrence and one abscess recurrence was surgically drained; 2 showed an uncomplete esternal opening closure with minimum secretion and continued the follow up. The 69.2% was cured at 3 months. At 6 months follow up one more patients showed the external opening closure.

Conclusion

Permacol collagen paste has showed good results in the short term: no complications occurred and thanks to its feasibility and semplicity it twill gain attention between Colorectal surgeons.

Further study are mandatory to explore its efficacy and its biological impact on fistula in the long term and in a larger number o patients.

Bio Engineering in Proctological Surgery: autologous graft surgery.

Authors:

Giani I1, Fabiani B1, Menconi C1, Toniolo G1, Martellucci J2, Naldini G1.

  1. SD Chirurgia Proctologica e Perineale, AOUP Cisanello (Pisa)
  2. Chirurgia Generale e di Urgenza e Mininvasiva, AOUC Firenze

Introduction

Proctological and Perineological Surgery represent two high level surgical specialization: different problems are still not solved and represents a challenge for this surgeries as tissue and wound healing.

The mail goal of the project is to explore the role of Autologous micro-graft and PRP-Platelet Rich Plasma in Proctological and Perineological Surgery in the field of tissue healing and repair.

Materials and methods

Patients afferent to our surgical unit are included in a prospective maintained database.

Those affected by Fistula in ano and candidates to a sphincter saving procedure, by recurrence Sinus Pilonidalis selected for surgery, by Fecal incontinence secondary to a sphincter defect surgically suitable, are considered.

Exclusion criteria are neoplasm, age <18 and >80 years old, pregnancy and comorbilities that rule out Rigenera or PRP production and use.

Clinical history and informed consent are collected at first outpatient visit.

All the surgical procedure currently adopteb for this cases will be enrich with Rigenera and /or PRP.

First aim is a complete wound healing. Follow up is programmed at 1 week, 1-3-6-12 months.

Results

As a Protocol under the evaluation of Ministero della Sanità according to Ricerca Finalizzata financing we do not have jet begin. We based our project on literature and our results with PRP as a promoter of tissue healing and with Rigenera’s results in different surgical fields.

The possibility of associate two of the most important elements of tissue repair in a same procedure moved our proposals.

Conclusion

Through this study we will obtain a first experience of Bio Engineering applied to Proctological and Perineological Surgery

Surgical wound healing as suture healing is a challenge of Proctological research with the aim of cure such disabling conditions.

A specific therapeutic flowchart will be depicted according to our results.

UTILIZZO E RUOLO DEL’ANAL FISTULA PLUG

Luigi Ciccoritti – Bassano

Il trattamento delle fistole perianali rappresenta una delle sfide proctologiche più complicate a causa della complessità di forme in cui tale patologia può presentarsi, la diversità di tecniche proposte per il trattamento, il tasso di successo e recidiva non sempre entusiasmanti e infine delle problematiche relazionali non trascurabili che affliggono i nostri pazienti.

L’utilizzo di plug introdotti all’interno del tramite fistoloso al fine di obliterarlo e facilitarne la guarigione è una tecnica relativamente recente che sta dimostrando una fattibilità ed un’efficacia quantomeno sovrapponibili alle tecniche tradizionali.

Nella nostra casistica abbiamo utilizzato un plug di materiale acellulare di derivazione suina, biocompatibile, avente il ruolo di matrice per la colonizzazione da parte dei fibroblasti con conseguente produzione di tessuto di rigenerazione.

La letteratura scientifica raccoglie diverse casistiche che ne avvalorano la fattibilità con tassi di guarigione variabili che si attestano mediamente intorno al 60-70% con alcuni picchi vicini al 90%.

Nella nostra esperienza abbiamo trattato con tale tecnica fistole transfinteriche medio-alte, sovrasfinteriche ed extrasfinteriche, sempre in assenza di ascessi, con tassi di guarigione  in linea con le migliori casistiche della Letteratura e senza alcuna complicanza.

Inoltre di recente abbiamo introdotto l’utilizzo combinato del plug con un’infiltrazione di gel piastrinico al fine di accentuare l’effetto rigenerativo dei fibroblasti intorno alla matrice del plug, con risultati sicuramente ancora parziali ma altrettanto incoraggianti.

Alla luce della nostra esperienza personale e di quanto emerge dalla letteratura scientifica

riteniamo senza dubbio che l’utilizzo del plug per il trattamento delle fistole perianali sia una strada da percorrere e perfezionare avendo finora dimostrato risultati incoraggianti e lasciando intravedere ancora un ulteriore potenziale raggiungibile con l’utilizzo di tecniche combinate e il miglioramento tecnico dello strumento.

Autologous Platelet rich plasma (PRP) and Pilonidal Sinus: post excisional primary closure outcome.

Authors:

Giani I1, Fabiani B1, Menconi C1, Toniolo G1, Martellucci J2, Elbetti C3, Naldini G1.

  1. SD Chirurgia Proctologica e Perineale, AOUP Cisanello (Pisa)
  2. Chirurgia Generale e di Urgenza e Mininvasiva, AOUC Firenze
  3. Chirurgia Generale ed Oncologica , Ospedale Santo Stefano USL4, Prato

Introduction

PRP is being used clinically in different surgical fields (plastic, orthopedic, cardiovascular, oral maxillofacial and dermatologic surgery)with the aim of improve tissue healing.

The objective of this study is to evaluate the impact of PRP on Sinus Pilonidali post excisional primary closure.

Materials and methods

All patients arrived at our attention are included in a prospective mantained database.

Those affected by Sinus Pilonidali, candidates for a surgical procedure and suitable for Autologous PRP were included.

Inclusion criteria were age >16 years old, suitable for Platelet autologous  pre deposit, surgical wound suitable for primay closure.

After Sinus Pilonidali cyst removal the PRP is placed inside the wound and then a double stitches layers is performed with the aim of including PRP inside the suture.

Follow up was schedule at 1 week, 2 weeks, 1 month and 3-6 months with the main goal of evaluating the comparison of suture dehiscence  then secondarily the occurrence of complications such as pain and bleeding and finally recurrence.

Results

In the period between October 2010 and October 2013, 38 patients (20 female) were treated.

2 patients (5.2%) had a complete suture dehiscence at 1 week follow up and 2 patients had a small minimum dehiscence at 1 month follow up.

At 3 and 6 months follow up 36/38 (94.7%) were cured and did not complain any sign or symptoms either of dehiscence or recurrence.

4 patients complained minor pain for one week, no bleeding occurred.

Conclusion

PRP showed to be a valid help in promoting post excisional Sinus Pilonidali primary closure.

It is believed that platelets have concentrated levels of naturally occurring growth factors and other substances that have the potential to accelerate and promote healing.

Further investigations and studies are needed to confirm this result and to underline PRP role in Sinus Pilonidali surgical therapy.

PERINEAL STAPLED PROLAPSE RESECTION (PSP) FOR COMPLETE EXTERNAL RECTAL PROLAPSE: PRELIMINARY EXPERIENCE

Paolo Tonello1, MD, Luca Grasso, MD, Roberto Borroni1, MD, Lisa Rapetti, M.D., Nicola Canavesio1, MD, Alessandro Salvai, M.D., Alberto Bullano, M.D., Simone Arolfo, M.D., Alberto Arezzo, M.D., Mario Morino, MD. Massimiliano Mistrangelo, MD, PhD.

 

Digestive and Coloproctological Surgical Department, Centre of Minimal Invasive Surgery, University of Turin, Italy.

1Department of Surgery, Koelliker Hospital, Turin, Italy.

 

Purpose. Perineal Stapled Prolapse Resection (PSP) for external rectal prolapse is a new surgical technique, proposed by Scherer and Coll in 2008. Up to date 127 cases were published in International Literature. Methods. We performed PSP in 11 patients (10 female and one male patients). Mean age was 71 years (range 53-84 years). The youngest women presented an irreducible external rectal prolapse and she was affected by multiple sclerosis. Two patients were previously submitted to a Delorme’s procedure and one of these had a cerebral ischemic attack some years before. A further patient presented a platelet disorder and was under corticosteroid therapy. 10/11 patients were incontinent preoperatively. Results. All patients were submitted to PSP procedure. To free the pouch of Douglas from any deep enterocele, a slight Trendelemburg position was chosen. The youngest woman, suffering also for anorexya, was submitted to a laparoscopic control of the PSP procedure in order to avoid an ileal damage. Another patient was submitted to a laparoscopic control for an important enterocele. The prolapse was pulled out completely with Ellis clamps and then the prolapse was axially opened at three o’clock in the first case and at three and nine o’clock wit a linear stapler in other cases, as described by Romano and Coll. This reduce the risk of torsion of the prolapse. The stapled line ended 1-2 cm from the dentate line. Then the prolapse was completely resected continously counterclockwise by the curved Contour TranstarTM, that was positioned parallel to the dentate line 2 cm above it. The procedure starts at three o’clock. After completing the resection the neorectum fell back into place spontaneously. Then haemostasis was controlled. Mean operative time was 48.6 min (35-100 min). No intraoperative complications occurred. Early complications occurred in 1 patient: retroperitoneal hematoma treated conservatively. The patient who suffered this complication presented a platelet disorder. Mean hospital stay was 5.2 days (range 4-10 days). After a median follow up of 30.6 months (range 2-120 months) 3 cases of complete rectal prolapse recurrences occurred (27.2%). Treatment of recurrences were: 1 abdominal rectopexy, 1 further PSP, and one patient is waiting for a further treatment. The mean Wexner fecal incontinence score was 9.8 before and 4.1 at 3 months after surgery (P = 0.010); the mean obstructed defecation syndrome (ODS) score decreased from 13.6 to 5.4 (P <0.001). Conclusions. PSP is a new surgical procedure for external rectal prolapse. It is easy, fast and a safe procedure. Early functinal results are good. 27.2% of recurrence is quite high, but comparable with other perineal procedures like Delorme (0-38% of recurrence) or Altemeier (0-16%). The cost of the procedure is high and it is tenable only if hospital stay and the incidence of recurrence are low respect other procedures. Long term functional results must be investigated further.